Descrizioni tipologiche edilizie dei centri storici
La cittadina di Alvignano ha origini antiche. Di notevole valore storico-archeologico è l’area attorno alla basilica medievale di Santa Maria di Combulteria o Cubulteria (poi rinominata di San Ferrante d’Aragona). La toponomastica richiama un antico centro sannitico, sebbene i saggi effettuati presso la basilica romanica dell’XI secolo non abbiano rilevato tracce di un insediamento nella zona. L’area, frequentata sin da età arcaica, come testimoniano i resti di un villaggio di capanne, intorno al III-II secolo a.C. è occupata da una casa colonica e nel I secolo a.C. da una villa romana, di cui è ancora oggi visibile un tratto di muro in opus reticulatum. I resti di materiale votivo databile al III secolo a.C., rinvenuti a est della basilica, attesterebbero la presenza di un edificio di culto nella zona. Una seconda villa rustica è stata individuata alle spalle del cimitero ed è databile tra il II-I secolo a.C. e il II secolo d.C. Sotto la chiesa sono stati, invece, rinvenuti i resti di una basilica paleocristiana a tre navate in opera vittata, edificata nel IV secolo e abbandonata nel VI. Successivamente, l’area viene occupata da una necropoli longobarda. Un bronzetto di Ercole, rinvenuto in località Cacciapugli, sembrerebbe, poi, indicare la presenza di un santuario di età sannitica e repubblicana in questa zona, come confermato anche da un’iscrizione, ritrovata nei dintorni, che cita la presenza di un bosco sacro (locus). Il centro di Alvignano, dominato da un poderoso castello risalente all’VIII secolo, è, prima, dominio longobardo e normanno, tra il IX e il X secolo; poi angioino e aragonese; infine, signoria di molte e importanti famiglie dell'epoca, tra le quali quelle dei De Clavellis e dei Gaetani d'Aragona.
Il Comune di Alvignano è situato a nord est della provincia di Caserta, da cui dista 18 km, collocandosi tra le pendici dei Monti Trebulani e la valle del Volturno. Il Comune conta una popolazione di 4.734 abitanti con una densità di 124,16 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 38,13 kmq con un’altitudine media di 132 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima di 550 m s.l.m. ad una minima di 74. L’area rientra nella zona sismica 2 e zona climatica C. Il Comune conta 10 frazioni: Angiollilli, Annunziata, Faraoni, Marcianofreddo, Notarpaoli, Petrilli, Piazza, Rasignano, San Mauro, San Nicola. L’abitato si sviluppa prevalentemente lungo la più importante arteria viaria che attraversa l’intero territorio comunale con andamento quasi parallelo alla rete ferroviaria. La morfologia del territorio di Alvignano varia da un paesaggio montuoso, nella parte occidentale, ad un’area pianeggiante che accoglie il Fiume Volturno passando per una parte collinare che ospita i boschi Selva Spinosa e Selvapiana. La vegetazione che interessa il Comune è quella tipica dei boschi dell’alto Casertano, varia dalle querce ad alberi come l'olmo, il pioppo e il salice. E’ la presenza del Fiume Volturno a caratterizzare l’ambiente naturale del territorio, in particolare quello faunistico, ricco di uccelli tipici degli ambienti umidi e ricchi di acqua.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Programma di Fabbricazione approvato con D.P.G.R.C. n. 2026 del 1976; Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaL’antica Cales è stata un crocevia di grandi civiltà antiche. Conquistata dai Romani nel 335 a.C. e l’anno successivo dedotta Colonia Latina, è citata nelle fonti antiche per le sue risorse naturali e agricole e, in particolare, per il suo vino (il Caleno) e le sue acque. Gli edifici monumentali ancora visibili all'interno della città antica attestano il periodo di particolare prosperità vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. La città occupava un’area lunga circa 1600 metri e larga 400 metri. Frequentata già in epoca preistorica, i primi caratteri urbani risalgono al VII sec. a.C. e sono testimoniati dalla presenza di necropoli in località Migliaro, Rocioloni e Masseria Pezzasecca. La fase più antica delle mura risale al V sec. a.C. ed è provata dalla realizzazione delle stesse con tecnica quadrata in tufo, mentre la fase post romana, databile al II-I sec. a.C., è in opera incerta e quasi reticolata. Lungo il tracciato delle mura, ancora visibile, si dovevano aprire sei porte urbiche. Tra i monumenti principali dell’antica Cales vi è il teatro, il cui primo impianto risale alla metà del II sec. a.C., mentre la cavea, ancora ben identificabile, fu costruita nella prima metà del I sec. a.C. in opus quasiretuculatum. Della decorazione architettonica è stato recuperato molto poco. Le statue sembrano risalire al periodo giulio-claudio, mentre le decorazioni architettoniche al medio impero. Il complesso viene abbandonato in età tardo imperiale e il rivestimento marmoreo spoliato per farne calce. La storia tardoantica della città sembra concentrarsi nei pressi del teatro e della chiesa di San Casto, distrutta nel 1942. Intorno al 570 d.C., l’abitato riacquista vita con i Longobardi, che ne rivalutano il potenziale strategico. Nell’879, ad opera di Atenolfo, nipote del vescovo Landolfo, sull’arce viene edificato il castello, che oggi si presenta nella forma acquisita in periodo aragonese, ovvero con le caratteristiche torri cilindriche. Nell’XI secolo è eretta la cattedrale, la cui facciata era originariamente decorata, tra l’altro, da un rilievo rappresentante soggetti marini e Nereidi, ricavato da un sarcofago longobardo, ora conservato all’interno dell’edificio religioso. Il borgo medievale vive fino al XVIII secolo, fino a quando, nel 1727, le rovine vengono rase per far posto al Seminario, costruito con alcuni materiali di recupero di un precedente edificio aragonese.
Il Comune di Calvi Risorta si colloca nella parte centrale della provincia di Caserta, da cui dista 22.7 km, esso occupa l’area occidentale ai piedi del Monte Maggiore, vetta più alta dei Monti Trebulani, e confina a sud ovest con una vasta area pianeggiante. Il Comune conta una popolazione di 5.678 abitanti con una densità di 355,81 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 15,96 kmq con un’altitudine media di 113 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima di 454 m s.l.m. ad una minima di 17. L’area rientra nella zona sismica 2 e zona climatica C. Il Comune conta 4 frazioni: Calvi Vecchia, Petrulo, Visciano e Zuni. Il territorio di Calvi Risorta è attraversato dall’Autostrada del Sole A1, dalla Strada Statale Casilina ed è interessato, per una piccola parte, dalla Via Appia e dalla Via Francigena. La Strada Statale Casilina attraversa l’importante area archeologica dell’antica Cales presente sul territorio comunale. L’abitato si presenta concentrato nell’area settentrionale del territorio e i nuclei risultano compatti e raggruppati. Calvi Risorta ha sempre avuto un ruolo cruciale nei settori agricolo e industriale per l’area della Terra di Lavoro, grazie soprattutto alla sua posizione geograficamente strategica.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R.C. n. 1386 del 1988 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaI resti della colonia augustea di Forum Popilii, in località Civitarotta, testimoniano il controllo totale dei romani di questa parte del territorio già appartenente all’Ager Falernus. Ma la presenza delle testimonianze storiche del territorio sembrerebbe essere ancora più antica, come documentato dai resti di alcuni tratti di una cinta muraria, databili tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C. Questi, presumibilmente, delimitavano un’area che, impostata su presenze risalenti al periodo paleocristiano, è stata poi abbandonata nel corso del VI secolo. Ancora, tra l’attuale Ventaroli e la Statale 7 Appia, si trovano i resti di Forum Claudii, centro noto in epoca medievale perché sede vescovile fino all’XI secolo. L’area, abbandonata progressivamente tra il V e il VI secolo, è oggi dominata dalla presenza della cattedrale medievale di Santa Maria in Foro Claudio, sotto la quale sono conservati i resti di un tempio in opera quadrata di tufo. Qui sono stati rinvenuti anche i resti di un impianto termale medio imperiale. Solo nell’Alto Medioevo, e in particolare dall’XI secolo, Carinola assume caratteri urbani stanziali, sebbene alcune fonti documentarie testimonino la presenza di un embrionale nucleo fortificato fin dal X secolo. L’insediamento originario si configura come un abitato di modeste dimensioni che, solo successivamente si è sviluppato e ampliato all’interno della cinta doppia cinta muraria costruita per far fronte alle esigenze difensive. Tra le poche notizie storiche in età altomedievale si segnala la citazione nel Chronicon Vulturnense di un convento benedettino intus Calinola tra il 978 e il 1059. Ciò testimonierebbe, come già anticipato, l’esistenza di un primitivo impianto urbano munito di sistema di difesa precedente al trasferimento a Carinola della sede vescovile dalla vicina Ventaroli, per volere del vescovo Bernardo sul finire dell’XI secolo, e alla costruzione della cattedrale. La struttura castellata edificata a protezione del feudo risale, invece, alle epoche angioina e aragonese, sebbene gli studi condotti su alcune preesistenze sul podio del mastio abbiano confermato l’esistenza di una murazione realizzata a presidio della cittadella in tempi più remoti. Il centro storico di Carinola subisce sostanziali trasformazioni in età aragonese, con la costruzione di alcuni palazzi privati tra i più emblematici esempi dell’architettura durazzesco-catalana della Campania. Nel Cinquecento la città si dota di due porte di accesso e si riscontra una modesta espansione dell’abitato. Il modello insediativo di Carinola, così come definitosi in età aragonese, rimane pressoché inalterato nella forma e nella struttura fino a Ottocento inoltrato.
Il Comune di Carinola si colloca a nord ovest della provincia di Caserta, da cui dista circa 41 km, esso è situato nel territorio compreso tra il monte Massico, l’area pedemontana occidentale del vulcano spento di Roccamonfina, la ricca pianura resa fertile dai fiumi Savone e Agnene e il tracciato odierno della via Appia. Ha una superficie di 59,23 kmq e si compone di otto frazioni: Nocelleto, Casale di Carinola, Carani, Casanova, San Donato, San Bartolomeo e Santa Croce. L’altitudine minima è di 5 m s.l.m., quella massima 550. L’area rientra nella zona sismica 2 e nella zona climatica C. Gli abitanti sono 7.268 con una densità di 122,71 ab/kmq. Una parte del territorio è costituito da rilievi montuosi e da colline, la restante parte, la più cospicua, è occupata dalla vasta pianura che fa parte del bacino del basso Volturno, coltivata da frutteti irrigui. Queste diverse zone altimetriche si caratterizzano da forme differenziate di paesaggio geografico: si passa dal paesaggio agricolo e precollinare, fortemente antropizzato, a quello incontaminato del paesaggio collinare e montano. L’area sotto il profilo produttivo è nota per la filiera vitivinicola e per quella casearia della DOP mozzarella di bufala Campana. Geologicamente il territorio presenta diverse formazioni litologiche: calcarea, vulcanica, l’ignimbrite Campana e alluvionale. Notevole è il patrimonio culturale della zona, che vanta aree archeologiche di grande interesse e emergenze monumentali architettoniche, particolarmente per l’architettura Quattrocentesca, di grande bellezza. Nella frazione Casanova nella località “Grancelsa” è presente un’area SIC.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Urbanistico Comunale adottato con delibera di Giunta Comunale n. 65 del 12/06/2014 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati. Fonte CONFINI AREE ARCHEOLOGICHE D.M. 27/08/1978; D.M. 6/07/1989
Vai alla mappaArroccato sulle alture dei monti del Matese, Castello è fondata sui resti di un antico insediamento sannita. Di questo periodo restano tratti di mura poligonali del IV secolo a.C., oggi visibili alla base delle mura normanne e lungo la mulattiera del “muro rotto”. Dopo le guerre sannitiche, l’area diviene possedimento romano, perdendo la sua rilevanza strategica di difesa e la popolazione inizia a stanziarsi nella pianura alifana, come provato dalla scarsità di resti di epoca romana nel territorio di Castello. Intorno al XII secolo, con l’avvento dei Normanni, l’esigenza di difendersi dai Saraceni porta alla la costruzione di fortificazioni in tutta l’area matesina e, in particolare, in quei luoghi già in tempi remoti collocati in posizione strategica per la difesa del territorio. A Castello le nuove strutture difensive vengono erette sul preesistente insediamento sannita e sui resti delle mura poligonali. Il castello e le sue cinque torri rappresentano in questo periodo la vera roccaforte contro gli assedi, al cui interno si sviluppa il tessuto edilizio medioevale, rimasto pressoché intatto fino ad oggi. L’abitato segue un tracciato urbanistico a sviluppo avvolgente, caratterizzato dalla crescita intorno all’antico castello, alle due torri e ai tratti delle mura superstiti. A sud del centro storico, si colloca un’interessantissima mulattiera, che collegava il castello con il quartiere San Giovanni della Terra di Piedimonte.
Il Comune di Castello del Matese si colloca al confine regionale tra Campania e Molise ed occupa la parte nord est della provincia di Caserta, da cui dista 31,7 km, estendendosi lungo le pendici meridionali del Massiccio del Matese. Il Comune conta una popolazione di 1.463 abitanti con una densità di 67,19 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 21,77 kmq con un’altitudine media di 476 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima che arriva a 1.564 m s.l.m. ad una minima di 219. L’area rientra nella zona sismica 1 e zona climatica D. Il Comune conta 3 frazioni: Miralago, Porchera e San Marco-Campitello. Il territorio comunale rientra nella Comunità Montana del “Matese”, nel Parco Naturale Regionale del Matese e nel SIC. L’abitato si concentra prevalentemente nel capoluogo comunale, nella parte meridionale del territorio. L’aspetto morfologico è di fondamentale importanza per il territorio di Castello del Matese, tipico paesaggio di montagna, il suo aspetto è rimasto inalterato nel tempo. La vegetazione che interessa il Comune è folta e caratterizzata da boschi e prati a quote elevate. Le principali attività legate all’economia del territorio comunale sono ti tipo agricolo, legate all’allevamento di animali da latte e di tipo turistico.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R.C. n 2 del 10/10/1989 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaIl centro è noto fin dall’età preistorica. Originariamente abitato dagli Ausoni, conosciuti anche come Aurunci, è successivamente popolato dai Sidicini di Teano e dai Romani. La fondazione dell’antico borgo medievale di Conca risale, molto probabilmente, all’VIII secolo per la presenza di monaci benedettini dell’Abbazia di Monteccasino nell’area del castro di “Castel Pilano”. Il castello di Conca, da non confondersi con il Castrum Pilanum, risulta di proprietà della Signoria di Montecassino fino al XII secolo e soggetto a interventi di ammodernamento in età angioina e particolarmente nel XV secolo. La sua mole domina tuttora l’abitato storico, che presenta caratteri e morfologia a fuso a sviluppo lineare. Attualmente, della costruzione difensiva, divenuta proprietà dei signori Galdieri nel XIX secolo, restano solo alcuni ambienti e un giardino pensile.
Il Comune appartiene alla provincia di Caserta, da cui dista circa 55 chilometri, esso occupa una posizione fortemente strategica in quanto può essere considerato l’anello di congiunzione tra la provincia di Caserta e la provincia di Latina e il baricentro di un sistema intercomunale che si identifica con la Comunità montana “Monte Santa Croce”, con la regione agraria n°2 (collina di Roccamonfina Parco Roccamonfina, Foce Garigliano). Il territorio comunale ha una estensione di 26,47 kmq e si compone di sei frazioni: Catailli, Cave, Orchi, Piantoli, Vezzara e Tuoripunzoli. L’altitudine minima è di 181 m. s.l.m. e la massima di 737. L’area rientra nella zona simica “2” e nella zona climatica D. Gli abitanti sono 1.215, con una densità di 45,91 ab/kmq. Il comune di Conca della Campania fa parte del Parco Regionale Roccamonfina Foce Garigliano e della Comunità montana Monte Santa Croce: due enti pubblici i cui obiettivi primari sono costituiti dalla salvaguardia del sistema vegetale e faunistico naturali. Caratteristica paesistica, orografica ed ambientale predominante del territorio di Conca della Campania è il vulcano di Roccamonfina, con i domi vulcanici di Monte Santa Croce (metri 1005) e di Monte Lattani (metri 810). La natura geologica del territorio di Conca della Campania risulta caratterizzata da formazioni calcaree del periodo cretaceo e da tufi basaltici e trachitici di origine vulcanica. In alcune zone affiorano depositi alluvionali provocati da detriti di falda. La principale risorsa è costituita dal paesaggio rappresentato da particolarissime emergenze ambientali quali secolari boschi di castagni, profondi canyon sul fondo dei quali scorrono tortuosi corsi d’acqua (che danno origine a spettacolari cascate) e, inoltre, da evidenziare la presenza di aree archeologiche e di manufatti e emergenze architettoniche di notevole pregio storico-artistico presenti sia nel capoluogo comunale sia nelle frazioni. Anche la rete sentieristica è notevole, prestandosi a percorsi di grande fascino paesaggistico e ambientale. La flora è particolarmente ricca e oltre ai secolari castagneti vegetano una trentina di specie di alberi di alto fusto. Allo stesso modo la fauna annovera animali selvaggi quali il cinghiale, la lepre, la volpe, il gatto selvatico, il fagiano, la beccaccia, la quaglia, la tortora, la ghiandaia, il falco pellegrino. Il comune di Conca rientra nel “Piano Paesistico di Roccamonfina” e nel SIC “Vulcano di Roccamonfina” e di “Monte Cesima”.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R.C. n. 1678 del 12/03/1984 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaIl centro storico di Francolise, arroccato attorno al suo castello, è collocato in quella che un tempo fu terra di confine tra gli antichi ager Calenus, Falernus e Statanus. Le origini del territorio risalgono all’epoca protostorica e sono ascrivibili ad antichi nuclei abitativi stanziati lungo il fiume Savone e dediti agli scambi commerciali con le popolazioni autoctone e straniere. Di questo periodo restano oggi a testimonianza alcune tombe e resti di manufatti ceramici. In età romana i nuclei abitati si sviluppano principalmente lungo la via Appia, abbandonando le aree di pertinenza del Safo flumen, che, di fatto, perde anche la sua strategica funzione emporica. Romana è la fondazione della colonia militare di Urbana nel I sec. a. C., presumibilmente situata nei pressi di località S. Aniello. Altre significative testimonianze del tempo sono le ville rustiche situate in località San Rocco e Posto, costruite tra il I e il II secolo a.C. lungo l’asse viario che collegava Suessa all’odierna Francolise. La storia della città si fa significativa in età medievale. Franculisi appare citato per la prima volta in epoca normanna in un atto di donazione del 1027. Loco è l’appellativo con il quale viene indicato un piccolo insediamento rurale, che inizia a configurarsi come borgo fortificato, dominato dal castello, tra il XII e il XIII secolo. Gli studi condotti sulla prima fortificazione datano, infatti, la struttura all’epoca sveva. Dopo successivi ampliamenti del circuito murario ad opera degli Angioni, già nella seconda metà del Quattrocento il castello perde la sua funzione difensiva e diventa palazzo aragonese.
Il Comune di Francolise si pone a nord ovest della provincia di Caserta, da cui dista 32 km, collocandosi in una delle parti più fertili e pianeggianti del territorio provinciale ed è attraversato dalla via Appia. Conta una popolazione di 4.902 abitanti con una densità di 119,78 ab/kmq. L’estensione del territorio è di 44 kmq, gran parte pianeggiante, con una altitudine minima di 4 m. s.l.m. e massima di 225. L’area rientra nella zona sismica 2 e nella zona climatica C. L’intero comune conta tre frazioni: Ciamprisco, Montanaro e Sant’Andrea del Pizzone. La parte est del Comune è costituita da rilievi collinari di conformazione calcarea, posti lungo la dorsale a confine tra il Comuni di Teano, Calvi Risorta e Sparanise, attraversati dal fiume Savone da cui traggono origine i terreni alluvionali in pianura. Il territorio trae sostentamento dalle attività rurali, dal terziario e in misura minore dal comparto industriale per la lavorazione del tabacco. Notevoli sono le valenze ambientali e paesaggistiche in modo particolare per l’area collinare di Montanaro coperta da una ricca vegetazione e tra l’altro particolarmente ricca di insediamenti archeologici. Allo stesso modo sono interessanti le emergenze monumentali localizzate sia nel capoluogo sia all’interno degli abitati delle frazioni. Il territorio del Comune di Francolise rientra nella perimetrazione del SIN “Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano”.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R.C. n 6325 del 1989 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaNon ci sono notizie certe sulla nascita di Gioia Sannitica, ma il ritrovamento di alcuni oggetti riportati alla luce da scavi archeologici testimonia la presenza di un centro abitato fin dal periodo neolitico. Di particolare rilevanza sono i resti di piccoli nuclei abitati, dediti all’agricoltura e alla pastorizia, risalenti all’epoca sannita e di resti di un abitato e di una necropoli databili tra la fine del IV e i primi decenni del III sec. a.C. Dopo le guerre sannite, la città diviene possedimento romano e si configura come insediamento rurale. Il rinvenimento di resti di sepolture, ville rustiche, iscrizioni funerarie, frammenti lapidei e del ponte degli Anicii testimonia la vita del sito dall’epoca repubblicana a quella tardo antica. Una villa romana è anche indiziata sul sito della chiesa di San Mandato. Nel Medioevo il territorio viene significativamente influenzato dalle culture longobarda e normanna. Sebbene sembri avere radici nel periodo più antico e sia riferibile alla divinità Iovia, cui forse era dedicato un luogo di culto, il toponimo di Joham, identificabile con l’attuale borgo posto attorno ai ruderi del castello, viene menzionato per la prima volta solo nell’XII secolo nel Catalogus Baronum. Con l'arrivo dei Normanni e l’elezione di Gioia a baronia, nell’XI secolo viene edificato il castello su una altura, a difesa dalle rappresaglie e dalle scorrerie. I caratteri morfologici e tipologici dell’originario borgo fortificato, progressivamente abbandonato verso la metà del XVI secolo dopo lo scoppio di una terribile epidemia di peste, sono oggi ancora leggibili in un tessuto edilizio storico straordinariamente conservato. Restano tracce della cinta muraria, di tre torri e del castello signorile trapezoidale, munito di cortile centrale. Durante il periodo borbonico, la costruzione della strada Sannitica nel 1857 favorisce l’espansione dell’abitato verso la contrada Taverna. Il 12 ottobre 1862 il re Vittorio Emanuele II aggiunge "Sannitica" al nome Gioia.
Il Comune di Gioia Sannitica è situato a nord est della provincia di Caserta, da cui dista 43 km, collocandosi nell’ambito del Massiccio del Matese. Il Comune conta una popolazione di 3.656 abitanti con una densità di 67,6 ab/kmq. L’estensione del territorio comunale è di 54,05 kmq, per lo più montuoso e collinare, con una altitudine minima di 53 m s.l.m. e massima di 1385. L’area rientra nella zona sismica 1 e zona climatica D. Il Comune conta sei frazioni: Caselle, Curti, Criscia, Calvisi, Carattano e Auduni. L’estensione territoriale copre rilievi calcarei più o meno elevati rivestiti da rigogliosi boschi di querce e faggi, da zone incolte e dalla brughiera di altitudine, ma anche un’ampia area nella fertile valle del Volturno, ove prevalgono l’olivo e la vite. Anche la fauna si presenta popolata da volpi, cinghiali, lepri e uccelli predatori. Immerso in un bellissimo contesto naturale e paesaggistico appare di grande interesse il sito archeologico del castello medievale posto a quota 561 m s.l.m. Il territorio comunale rientra nel Parco Regionale del Matese, nel SIC e nelle Zone di Protezione Speciale.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato in data 02/12/1988 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaLa storia di Piedimonte Matese è molto antica, come testimoniano le numerose presenze storiche e artistiche indagate da studi storiografici otto-novecenteschi. Sulla collina del Monte Cila possono rintracciarsi le origini della città, che, attendibilmente, sembrerebbero risalire all’era preistorica e, nello specifico, almeno al XV secolo a.C. L’urbs Cilae è la primitiva civiltà del territorio matesino: il rinvenimento di oggetti d’uso quotidiano, nonché dei resti di mura poligonali sulla parte più alta del centro abitato documenta l’esistenza di un insediamento sannitico fortificato nei secoli VII-VI a. C. Le mura poligonali del Monte Cila, erette contro le invasioni per proteggere gli insediamenti agricoli della valle sottostante, si sviluppano secondo tre semicircuiti, lunghi complessivamente 7 km, e sono caratterizzate da massi grezzi o rozzamente lavorati, apparati a secco. L’originario nucleo abitativo di Piedimonte risale, però, al Medioevo, e in particolare al IX secolo. Esso è identificabile con l’attuale rione San Giovanni, sorto con la protezione dei conti longobardi di Alife presso la parte alta del territorio. Parte del Ducato di Benevento, la città diviene signoria autonoma solo nel XIII secolo, fino a diventare, a partire dall’età angioina, possedimento dei Gaetani d’Aragona. La signoria di questi ultimi, durata fino agli inizi dell’Ottocento, ne avvia lo sviluppo economico e l’affermazione a importante centro commerciale e manifatturiero. Ottenuto il titolo di Città dall’imperatore Carlo VI nel 1730 e assediata e saccheggiata dai Francesi nel 1799, anno della Rivoluzione Partenopea, finalmente il XIX secolo rappresenta per la storia di Piedimonte un periodo particolarmente significativo. Nel 1813 l’imprenditore svizzero Jean Jacques Egg vi fonda l’industria manifatturiera nota come Cotonificio Egg, che in pochissimo tempo diventa una fiorente realtà industriale e promuove la costruzione di edifici e infrastrutture urbane di notevole interesse architettonico. Sede di scontri tra borbonici e garibaldini nel 1860, è anche teatro dell’attività dei briganti nel periodo post-unitario.
Il Comune di Piedimonte Matese è situato a nord est della provincia di Caserta, da cui dista circa 42 km, collocandosi alle estreme pendici meridionali del Massiccio del Matese. Il Comune conta una popolazione di 11.167 abitanti, con una densità di 269, 53 ab/kmq. La superficie del territorio comunale è di 41,43 Kmq, con una altitudine minima di 118 m s.l.m. e massima di 1.642. L’area rientra nella zona sismica 1 e zona climatica C. Il territorio del Comune presenta una conformazione varia e irregolare: la parte sud orientale comprende una vasta area prevalentemente pianeggiante e medio collinare, alto bacino del Torano, fortemente antropizzata e coltivata a seminativo; altrove prevalgono i rilievi montuosi calcarei situati nel Pianoro interno del Matese con il lago e nel versante interno dalla piega di Monte Miletto e Gallinola. Dalle montagne scendono tre corsi d’acqua: il Maretto, il Rivo e il Torano importante affluente del fiume Volturno, collegato per vie sotterranee con il Lago del Matese. Il Comune è il Centro del Parco Regionale del Matese, presenta un’area di eccezionale valenza naturalistica e paesaggistica per l’esistenza di faggete che coprono i versanti delle quote più elevate, mentre nelle quote più basse domina il bosco misto. Il paesaggio è caratterizzato da rupi, doline, voragini e grotte di origine carsica, che ospitano una interessante flora ricca di endemismi e specie rare. Eccezionale è il patrimonio faunistico ove i rilievi sono frequentati dal lupo e dal gatto selvatico; alle quote inferiori sono presenti gli Astori, Sparvieri, Colombacci, Poiane e il Falco. Notevole è anche il vasto patrimonio artistico e monumentale che ha lasciato cospicue testimonianze nel centro storico di Piedimonte Matese e nelle aree archeologiche che testimoniano gli insediamenti dall’età preistorica a quella di età sannitica. Il territorio comunale rientra nel Parco Regionale del Matese, nel SIC e nelle Zone di Protezione Speciale.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano di Fabbricazione approvato con D.P.G.R.C. n. 1 del 7/1/1978 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaSeppur con numerose lacune, le fonti storiche antiche raccontano di un’urbanizzazione del territorio di Pietramelara precedente all’età romana, probabilmente favorita dalla bonifica del basso Volturno avviata in epoca etrusca. Il tratto di mura poligonali, ancora oggi visibili in località Monte Castellone, fa presupporre la presenza di un originario insediamento sannitico. Sempre in località Castellone si trovano le cosiddette “Grotte di Seiano”, un complesso di ambienti in opera incerta della fine del II e gli inizi del I secolo a.C. Si tratta di cisterne e ambienti di servizio posti alla base di un probabile santuario, ove ancora ci sono i resti di un muro in poligonale e di mosaici “a canestro”. Con l’annessione a Roma intorno al III sec. a.C., il nucleo sannita viene inevitabilmente abbandonato e un nuovo sito, posto su un’altura, potenziato e strutturato a mo’ di oppidum. In questo periodo l’area è dotata di un sistema infrastrutturale in grado di favorire lo sviluppo dell’agricoltura locale e conosce una modesta espansione urbana. Nel IX secolo Petra Mellaria entra a far parte dei possedimenti dell’abbazia di Montecassino e, come si evince dalla Historia Longobardorum dell’Anonimo Salernitano, del principato longobardo di Capua nel 900. Il castro assume presto una posizione di rilievo per la sua particolare posizione geografica e per le sue terre fertili, fattori che ne garantiscono la rifondazione anche in seguito alle distruzioni a opera di onde barbariche. Il Medioevo rappresenta il momento in cui il borgo si struttura in maniera chiara e definita secondo uno schema radiocentrico, con il centro abitato racchiuso entro la cinta muraria e strade che si snodano fino alla pianura sottostante. Dopo essere stata feudo della vicina Roccaromana, nel Quattrocento Pietramelara diviene possedimento di Eduardo Colonna e in seguito di Federico Monforte, cui si devono gli abbellimenti del castello, progressivamente trasformato da fortezza in elegante palazzo residenziale. Il 13 marzo 1496, dopo giorni di assedio da parte degli Aragonesi, la città viene completamente distrutta e il castello incendiato. Ricostruita dalle poche famiglie superstiti, la comunità di Pietramelara viene eretta a Università. Oggi l’unica torre del castello, benché restaurata dal conte di Monforte nel XVI secolo, resta a testimonianza dell’originario nucleo longobardo.
Il Comune di Pietramelara si colloca a nord est della provincia di Caserta, da cui dista circa 43 km, collocandosi alle pendici settentrionali del Monte Maggiore in un’area centrale della provincia di Caserta nella Piana del Medio Volturno. Il Comune conta una popolazione di 4.701 abitanti con una densità di 196,41 ab/kmq. L’estensione del territorio comunale è di 23,93 kmq, in parte pianeggiante, con una altitudine minima di 108 m s.l.m. e massima di 975. L’area rientra nella zona sismica 2 e zona climatica C. L’intero comune conta una frazione: San Pasquale. La parte est del Comune è sovrastata dalla mole del Monte Maggiore di conformazione calcarea e la parte pianeggiante si pone nella vallata fluviale del Volturno, nella quale confluiscono tutte le acque meteoriche che alimentano il fiume. Per le caratteristiche paesaggistiche il territorio si presta ad attività escursionistiche sia di valenza naturalistica sia di natura archeologica. Per quanto riguarda la flora e la fauna si segnala la presenza sul Monte Maggiore dell’agrifoglio, di aree boschive ove prevale il leccio, il cerro e il castagno; la fauna è rappresentata dalla numerosa presenza del cinghiale e della volpe. Particolarmente interessante è il patrimonio edilizio storico, monumentale per lo più concentrato nell’abitato di Pietramelara e della zona archeologica delle grotte di Seiano.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R.C. n 2367 del 1983* NOTA: alla data del 17 novembre 2017 risulta adottato dal Comune di Pietramelara il Piano Urbanistico Comunale, come da Delibera di Giunta Comunale nr. 63 del 29/09/2016 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaIl territorio di Prata Sannita è stato ininterrottamente abitato dall’uomo fin dalla preistoria. Di questo remotissimo passato sono state individuate tracce nell'area antistante il convento di Sant’Agostino, in località Pantani Fragneto, su un terrazzo fluviale fertile e ben riparato. Sono stati qui ritrovati centinaia di reperti silicei ascrivibili al Paleolitico Medio, Superiore e al Neolitico. Al periodo sannitico o pre-romano risale, invece, l’opera megalitica nota come “Muro delle Fate”, visibile in località Masseria della Corte, mentre tracce del periodo romano si riscontrano nei resti di numerose ville rustiche, edificate tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C., e in rinvenimenti di materiali dell’epoca presso località Acquaro, zona Le Starze, zona Grotte La Starza. Fonti documentali medioevali riportano l’esistenza di un primo centro tardoantico denominato “Prata Piana”, per distinguerla dal borgo medioevale, di cui a oggi non si hanno notizie certe, ma che, probabilmente, era sito non lontano dalla zona di Sant’Agostino. Le frequenti incursioni dei Saraceni durante il IX secolo hanno poi spinto gli abitanti a migrare nei pressi del fiume Lete, in un’area più protetta, e a costruire quello che sarà il borgo medioevale. Come testimoniato da alcuni reperti ceramici rinvenuti lungo la cinta muraria, questo avvenne già prima dell’anno Mille. Il poderoso castello che domina il borgo è di origine longobarda, ma l’assetto attuale risale al periodo angioino. La struttura è caratterizzata da un alto muro di cinta, rafforzato da numerose torri cilindriche con base troncoconica. Anche le porte di accesso alla città che si aprono nelle mura sono affiancate ognuna da una torre cilindrica di controllo. Fuori le mura è possibile vedere i resti di un ponte antico dalla tipica forma “a schiena d’asino”. A livello urbanistico il centro storico di Prata Sannita presenta i caratteristici criteri medievali con strette e tortuose stradine che si snodano tra gli edifici per una maggiore difesa e per il contenimento degli spazi entro la cinta muraria. Un periodo di grande espansione è intorno alla fine del Cinquecento, ovvero quando si viene a creare il nuovo centro urbano di Prata Superiore, citato negli antichi documenti col nome di Pagliara, ove è ancora possibile vedere edifici di notevole valore storico-artistico.
Il Comune di Prata Sannita è localizzato a nord est della provincia di Caserta, da cui dista 59 km, sito nella Media Valle del Volturno, lungo il versante sud occidentale del Matese alle falde del Monte Favaracchi, all’estremo limite della provincia di Caserta e quasi al confine con il Molise. La popolazione è di 1.478 abitanti, con una densità di 69,69 ab/kmq. La superficie territoriale è di 21,21 kmq, con una altitudine minima di 165 m s.l.m. e massima di 1.200. L’area rientra nella zona sismica 2 e zona climatica D. Il Comune conta 5 frazioni: Collelungo, Fragneto, La Piana, Prata inferiore e Sant’Agostino. Il territorio comunale è prevalentemente collinare, con sensibili oscillazioni altimetriche. La parte montana è coperta da rigogliosi boschi di castagno, e da querce e faggi e da aree adibite al pascolo. Nella parte più pianeggiante si distende la valle del fiume Lete, regno dei seminativi e degli oliveti. Alla bellezza paesaggistica e naturalistica il territorio pratese offre un interessante patrimonio archeologico e monumentale caratterizzato principalmente dal borgo medievale di Prata Inferiore e dalle emergenze architettoniche di Prata Superiore, dai resti di mulini lungo il fiume Lete e dai ruderi di una cartiera.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.G.R.C. n. 4533 del 09/06/1982 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaIl centro storico medievale è situato su un’altura rocciosa nei pressi dal fiume Garigliano. La sua posizione è strategica, in quanto domina la valle del Liri e del Garigliano. Sono visibili, nella parte più alta del nucleo abitato, i resti del castello, databili tra il X e l’XI secolo. Il mastio, ceduto dagli ultimi proprietari, i Cedronio, alla famiglia D’Ambrosio di Rocca D’Evandro e poi venduto da questi ultimi al Comune per una cifra puramente simbolica al fine di renderlo bene della comunità, è circondato da un grande giardino terrazzato, che gradualmente scende verso il borgo con l’ausilio di vialetti lastricati in pietra. Lo schema di crescita dell’abitato è del tipo a sviluppo avvolgente, con sistema viario ad andamento curvilineo e piazza centrale. Sono ancora visibili le due porte urbiche: porta dell’Acqua e porta di Santa Margherita. Un’importante area archeologica è stata indagata in Località Porto e individuata quale zona artigianale con approdo sul fiume Garigliano. Connesso con la Via Latina mediante una via lastricata e un diverticolo selciato in calcare, l’insediamento artigianale era costituito da alcune tabernae (per il commercio dei prodotti) e da quattro fornaci, attive dal II secolo a.C. fino al II secolo d.C. In questo luogo si producevano anfore vinarie e ceramica comune, come testimoniano i rinvenimenti. Molto probabilmente, il fiume era sfruttato per trasportare, con delle chiatte, questo materiale (quasi certamente già pieno del buon vino locale) verso le città di Sinuessa o Minturnae.
Il Comune di Rocca D’Evandro è situato al limite settentrionale della regione Campania e confina con la regione Lazio, collocandosi al nord ovest della provincia di Caserta, da cui dista 50,3 km, estendendosi sul versante orientale del Monte Camino del Massiccio di Monte Santa Croce. Il Comune conta una popolazione di 3.253 abitanti con una densità di 65,67 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 49,54 kmq con un’altitudine media di 83 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima che arriva a 958 m s.l.m. ad una minima di 16. L’area rientra nella zona sismica 2 e zona climatica D. Il Comune conta 14 frazioni: Bivio Mortola, Camino, Campolongo, Casamarina, Casale, Centro Storico, Cocuruzzo, Colle, Farneto, Formella, Gelsi, Marsella, Mortola, Vallevona. Il territorio comunale rientra nella Comunità Montana “Monte Santa Croce” e nel SIC. L’abitato risulta raggruppato in piccoli agglomerati nelle varie località disperdendosi sul territorio comunale. Il territorio comunale è prevalentemente collinare e presenta un profilo irregolare, il Fiume Garigliano costeggia il limite occidentale del Comune segnando il confine con la regione Lazio. La vegetazione è prevalentemente boschiva, ricca di querce di varie specie, nei pressi del Fiume Garigliano, invece, si rovano seminativi e arborati.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Urbanistico Comunale adeguato agli esiti della Conferenza di servizi ex art. 24, comma 6, L.R. 16/2004 ratificati con delibera di C.C. n.11 del 5/3/2011 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaIl centro storico di Roccamonfina si presenta come un castrum fortificato, dominato dai resti della cinta muraria e del mastio. Le origini del borgo sono ascrivibili agli anni compresi tra il X e il XII secolo, ma le mura poligonali ancora oggi visibili sul Monte Frascara, conosciute come “l’Orto della Regina” e costruite a mo’ di postazione militare e recinto fortificato, confermano una presenza sul territorio almeno dal IV sec. a.C. Ancora, testimonianze dell’esistenza di un antico insediamento stabile sono i resti di un acquedotto e alcuni frammenti epigrafici, in lingua osca, in località Sorgente. Il toponimo Rocce Monfini, per intero, si ritrova su una fonte scritta, per la prima volta, nel 1171. E’ il periodo di reggenza di Guglielmo II il Normanno e, in una sentenza, Roberto, Conte di Caserta, Gran Connestabile di Puglia e di Terra di Lavoro e Gran Giustiziere, si pronuncia sulla disputa tra le città di Sessa e Teano per la concessione dell’acqua del Pozzillo di Roccamonfina. Il castello di Roccamonfina, costruito in epoca normanna, subisce un primo sostanziale potenziamento per mano di Goffredo Marzano nella metà del Trecento. A partire dal secolo XVI e almeno fino all’Ottocento, il borgo perde la connotazione di abitato fortificato e il castello inizia ad assumere funzioni più specificamente residenziali, come testimoniano alcune strutture superstiti, quali l’unica delle otto torri originarie.
Il Comune di Roccamonfina è situato al nord ovest della provincia di Caserta, da cui dista 37,2 km, occupa la caldera del Vulcano omonimo e si estende sul versante orientale dello stesso. Il Comune conta una popolazione di 3.462 abitanti con una densità di 111,54 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 31,04 kmq con un’altitudine media di 612 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima che arriva a 1.000 m s.l.m. ad una minima di 317. L’area rientra nella zona sismica 2 e zona climatica E. Il Comune conta 10 frazioni: Cese, Filorsi, Fontanafredda, Garofali, Giglioli, Lattani, San Domenico, Tavola, Torano, Tuoro di Tavola. Il territorio comunale rientra nella Comunità Montana “Monte Santa Croce”, nel Parco Naturale Regionale Roccamonfina-Foce Garigliano e nel SIC. L’abitato si concentra prevalentemente nel capoluogo comunale circondando la piazza principale, ma anche in piccoli aggregati nelle località minori. Il territorio si presenta con un profilo irregolare che varia dalle vette del Monte Lattani e del Monte Santa Croce, al centro del cratere vulcanico, fino a digradare nella parte orientale del territorio verso i comuni limitrofi. Il territorio del comune di Roccamonfina possiede un ricco patrimonio naturale, al punto da rappresentare la maggiore risorsa economica per la comunità. La massiccia presenza di castagneti, di sorgenti di acque oligominerali e la ricca varietà di specie faunistiche che popolano il sottobosco, rende il comune di Roccamonfina altamente turistico e frequentato tutto l’anno.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale approvato con D.P.P.C. n. 1128 del 1984 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaNon ci sono notizie certe sulla nascita di San Gregorio Matese. La presenza sannitica è attestata dalle numerose tombe rinvenute in zona Santa Croce, sebbene queste non confermino l’esistenza di un abitato stanziale sul territorio già in quell'epoca. Nei secoli dell'alto Medioevo il centro è dipendenza del Monastero di San Vincenzo al Volturno, come testimonia una Bolla di Papa Pasquale I nel IX secolo, in cui si fa riferimento alla chiesa e a un piccolo monastero. Il territorio è per secoli un casale di Piedimonte Matese, mentre solo nel Cinquecento è rappresentato dai suoi propri Consiglieri e nel 1748 diviene autonomo. Con l'Unità d'Italia San Gregorio vive le vicende del Brigantaggio e nella prima metà del XX secolo, quando finalmente la città conosce un periodo di grande sviluppo, viene ufficialmente riconosciuta come comunità facente parte della tradizione culturale del Matese. Il toponimo sembra abbia origine da una chiesa benedettina dedicata al santo, purtroppo crollata agli inizi del XVIII sec.
Il Comune di San Gregorio Matese si colloca al confine regionale tra Campania e Molise ed occupa la parte nord est della provincia di Caserta, da cui dista 33,7 km, si estende lungo le pendici meridionali del Monte Maio, afferente al Massiccio del Matese. Il Comune conta una popolazione di soli 960 abitanti con una densità di 16,99 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 56,51 kmq con un’altitudine media di 765 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima che arriva a 1.912 m s.l.m. ad una minima di 388. L’area rientra nella zona sismica 1 e zona climatica E. Il Comune consta di due principali Località: Monte Miletto e Lago Matese. Il territorio comunale rientra nella Comunità Montana del “Matese”, nel Parco Naturale Regionale del Matese e nel SIC. L’abitato si concentra prevalentemente nel capoluogo comunale lungo la strada che conduce al Lago del Matese. L’estensione territoriale copre i rilievi più alti della regione Campania, il Monte Miletto e la Gallinora, ricoperti da folti boschi dominati da querce e faggi. Appartiene a questo territorio comunale anche il Lago del Matese, circondato dalle montagne, offre una variazione del paesaggio naturale ricco di seminativi e pascoli. La presenza forte di un ambiente naturale incontaminato favorisce la presenza di una ricca fauna che varia dagli animali selvatici che abitano il bosco ad uccelli acquatici nei pressi del Lago. Le principali attività legate all’economia del territorio comunale sono ti tipo rurale e turistico.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Piano Regolatore Generale adeguato alla L.R. 14/82 e 9/84 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaIl nucleo abitato di Casale Anniti Potiti ha origini molto antiche, con ogni probabilità, risalenti all’ultimo periodo sannitico. In località Le Torrelle, al confine con Piedimonte Matese, sorge invece una villa romana nota col nome di Terme di Ercole, di epoca repubblicana o primo imperiale. Ancora sul luogo sono visibili tratti di opera incerta e reticolata e una serie di ambienti voltati e absidati. Solo tra il XVII e il XVIII secolo vengono realizzati, lungo la strada provinciale, alcuni dei più rappresentativi palazzi privati, di notevole valore storico-artistico. Questi, insieme al sistema di edilizia minore, caratterizzano in modo incisivo il centro storico, che risulta essersi sviluppato lungo la cosiddetta “via dell’acqua”, seguendo il percorso delle sorgenti di via Aulecine e delle Formose.
Il Comune di San Potito Sannitico è situato a nord est della provincia di Caserta, da cui dista 28,8 km, estendendosi sul versante sud-occidentale del Monte della Crocella del Massiccio Montuoso del Matese. Il Comune conta una popolazione di 1.912 abitanti con una densità di 82,66 ab./kmq. L’estensione del territorio comunale è di 23,13 kmq con un’altitudine media di 230 m s.l.m. che varia da un’altitudine massima che arriva a 1.625 m s.l.m. ad una minima di 113. L’area rientra nella zona sismica 1 e zona climatica D. Il territorio comunale rientra nella Comunità Montana “Matese” e nel Parco Naturale Regionale del Matese. L’abitato si concentra prevalentemente nella parte sud occidentale del territorio comunale mentre l’area nord orientale è dominata dai rilievi e dal verde del Matese. Il territorio comunale presenta un profilo irregolare con variazione di quote altimetriche. La vegetazione è tipica delle zone boschive, ricca di querce e faggi, nell’area dominata dai rilievi, mentre abbondano seminativi, viti e oliveti nella parte pianeggiante del territorio che si estende verso la valle del Fiume Volturno. La fauna è quella tipica delle aree boschive, sono presenti infatti volpi, cinghiali, lepri e una ricca varietà di uccelli.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Programma di Fabbricazione approvato con D.P.G.R.C. n 726 del 27/05/1974 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaLe origini della città sono da ricercare nell’antica Suessa, fondata sul luogo dell’insediamento protostorico (VIII a.C.) dell’antica stirpe degli Ausoni o Aurunci. Nel 313 a.C. è Colonia di diritto latino. Durante il periodo imperiale ha grande sviluppo e una notevole espansione edilizia, con la costruzione di grandi edifici pubblici e il potenziamento della viabilità esterna. Il monumento più noto della città, risalente all’età sillana, è il Criptoportico, un edificio a tre braccia con volte a botte che sorge su una terrazza nel lato occidentale dell’antico abitato, presso il Foro. La pavimentazione dell’edificio, non ancora completamente messo in luce e in parte inglobato in una struttura adiacente, è perduta, ma le decorazioni delle pareti in stucco, con elementi a rilievo sui pilastri e le pareti, sono ancora parzialmente visibili. Sotto la terrazza del Criptoportico, addossato al muro in blocchi, si trovano i resti del teatro. La cavea e l’ima cavea sono databili all’età augustea e sono costruite in opera reticolata, mentre la summa cavea è un’aggiunta di età medio imperiale, mentre di età claudia sembrano essere i resti di un sacello nel quale erano probabilmente sistemate le statue colossali ritrovate in crollo sulle gradinate della sottostante cavea e attribuite alle figure di Livia e Agrippina Minore. L’edificio scenico presentava una ricchissima decorazione architettonica e statuaria, realizzata con una grande varietà di marmi provenienti dalle province dell’impero. L’apparato decorativo del teatro così rinvenuto risale ad una sistemazione promossa da un personaggio di rango imperiale, Vibia Matidia (detta Matidia Minore), sorella di Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano e nipote di Marciana, sorella di Traiano. A questa figura importantissima dell’aristocrazia imperiale è attribuita la splendida statua colossale in marmo bianco e nero rinvenuta proprio nel crollo del frontescena del teatro e ora custodita nel piccolo Museo del Castello di Sessa Aurunca, dedicato ai rinvenimenti archeologici del Teatro. Tra la fine del III e gli inizi del IV sec., difficoltà economiche e sociali limitano lo sviluppo urbanistico della città, che man mano si contrae nel nucleo abitato medievale. La città romana è articolata in una serie di terrazzamenti e organizzata secondo uno schema a isolati rettangolari, il cui orientamento è determinato dall’asse principale, l'attuale Corso Lucilio, e dal Foro, corrispondente all’attuale Villa Comunale. Del periodo alto medievale, al contrario di quello Romano, rimangono scarsi resti, tra le quali la splendida cattedrale costruita tra il 1176 e il 1180 e conclusa intorno alla metà del XIII secolo. Altra emergenza monumentale è il castello, già noto in un documento del 963 come castrum e poi rinnovato e ampliato in età normanna e sveva. Con i Marzano, particolarmente con Marino, il castello viene trasformato in residenza di prestigio e arricchito di elementi architettonici e decorativi di gusto catalano. Con il medioevo la città si restringe, ma conserva nel nuovo impianto urbano l’importante asse viario di Corso Lucilio e si riorganizza intorno a due borghi, inferiore e superiore, che si sviluppano particolarmente in età angioina. Tra il XIII e il XIV secolo, il nucleo medievale si arricchisce di chiese e conventi, in particolare degli ordini mendicanti. Tuttavia, in relazione alla qualità e alla quantità di edifici civili e religiosi costruiti, i secoli più significativi per Sessa Aurunca sono il XV e il XVI, durante i quali la città diviene prima sede del Ducato di Marino Marzano e poi feudo di Gonzalo Fernàndez de Còrdoba, uno dei maggiori protagonisti della conquista del Regno di Napoli da parte di Ferdinando il Cattolico. Nel corso del Seicento e del Settecento la città si arricchisce di notevoli complessi monumentali, tra i quali la chiesa dell’Annunziata, fondata già nel 1494 dalla corporazione dei calzolai e dei conciaioli, e poi completamente riprogettata da Domenico Antonio Vaccaro nel 1734, in seguito a un devastante terremoto.
Il Comune di Sessa Aurunca, situato a nord ovest della provincia di Caserta, da cui dista circa 46 km, confina con la provincia di Latina, attraverso il fiume Garigliano. L’estensione territoriale è di 162,18 kmq, risultando il più grande Comune della provincia di Caserta e, dopo Ariano Irpino, è il secondo della regione Campania. Il territorio presenta una altitudine minima di 203 m. s.l.m. e la massima di 938. L’area rientra nella zona simica “2” e nella zona climatica C. Gli abitanti sono 21.550, con una densità di 132,88 ab/kmq. Del territorio comunale fanno parte 28 frazioni: Carano, Lauro, San Castrese, Rongolise, Baia Domizia, Piedimonte, Cascano, Giusti, Aulpi, Corigliano, Ponte, Fontanaradina, Cescheto, San Carlo, Casamare, Fasani, Cupa, Tuoro, Avezzano, Sorbello, Maiano, Corbara, Marzuli, Li Pauli, San Martino, Valogno, Santa Maria Valogno.Parte del suo territorio è compreso nel Parco regionale di Roccamonfina-Foce del Garigliano. La geologia del territorio è caratterizzata da una colmata di depositi marini, fluviali e vulcanici che interessa la parte in pianura e da faglie che hanno dato origine alla fossa tettonica costiera e al concomitante sollevamento dei due massicci carbonatici. Nel Pliocene superiore, lungo le fratture che limitano a nord-est la depressione, iniziò, inoltre, un’intensa attività vulcanica, che ha portato, nel tempo, alla genesi del distretto del Roccamonfina con l’accumularsi di lave e piroclastiti. Il vasto territorio comunale include l’ampia piana del Garigliano, chiusa tra i monti del vulcano di Roccamonfina, i monti Aurunci ed il massiccio del Massico, con una veduta magnifica sul litorale domizio, sul golfo di Gaeta e sulle isole Pontine. Il fiume Garigliano percorre il limite nord occidentale del territorio sessano e oltre a esso vi sono altri piccoli corsi d’acqua che attraversano l’agro sessano. La Terra aurunca presenta una morfologia varia che si contraddistingue in diverse zone: la parte pianeggiante caratterizzata da un tratto di costa bassa e sabbiosa lunga circa 9 km, da Levagnole fino alla foce del Garigliano, si prolunga fin sulle colline del Massico e sulle pendici del vulcano di Roccamonfina; quest’ultimo ricco di rilievi coperti da rigogliosi boschi di castagno. Questo territorio, già parte dell’antica Campania felix, ancora oggi può essere definito “felice”, sia per la bellezza e la diversità del paesaggio, sia per la flora caratterizzata in pianura dalla macchia mediterranea e da una molteplice varietà di piante da frutto (oliveti, vigneti, frutteti) e ortaggi sia per i boschi di castagno sia per la fauna (il cinghiale, la volpe, la lepre, il pipistrello, la vipera, la donnola, la faina, il martin pescatore, l’airone rosso, la pernice di mare, il gabbiano roseo) sia anche per la ricchezza di testimonianze archeologiche e monumentali di natura militare, civile e religiosa, particolarmente presenti nel centro storico di Sessa. La sua posizione, inoltre, favorisce la mitezza del clima e rende vivibile l’intero territorio in tutte le stagioni. Occorre, poi, evidenziare che ben quattro SIC (Siti di Importanza Comunitaria, o di Interesse Comunitario) sono presenti sul territorio comunale: quello della “Foce del Garigliano”; del “Basso corso del fiume Garigliano”; della “Pineta della foce del fiume Garigliano” e del “Monte Massico”.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Programma di Fabbricazione approvato con D.P.G.R.C. n. 10bis del 1972 Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati.
Vai alla mappaL’area dell’attuale centro storico di Teano corrisponde a quella dell’Arx dell’antica Teanum Sidicinum, posta strategicamente lungo la via Latina e una variante della via Appia che collegava l’antica Minturno con Suessa e Teanum Sidicinum. Fondata verso la fine del IV secolo a.C. dal popolo italico dei Sidicini, la città diventa, poi, colonia romana in età augustea e viene considerata dalle fonti storiche antiche la principale città attraversata dalla Via Latina. Testimonianze storiche dell’importanza della città in età romana sono offerte dai resti di un grande Teatro-Tempio, dell'Anfiteatro, del Foro, da complessi termali, dai templi delle aree sacre nelle località Loreto e Fondo Ruozzo e da ricche domus. La città presenta uno schema urbanistico in cui sono riscontrabili vari tracciati viari con strade ortogonali e con almeno tre orientamenti diversi. L’edificio antico meglio noto della città è il Teatro, tra i più importanti e monumentali del mondo romano. In una prima fase (fine II inizi I sec. a.C.) il monumento aveva dimensioni più modeste ed era in connessione assiale con un soprastante tempio. Agli inizi del III sec., sotto l’impero di Settimio Severo, esso viene integralmente ristrutturato e decorato con un ricchissimo apparato scultoreo e architettonico. Successivi interventi ad opera di Alessandro Severo, Massimino il Trace e Gordiano III completano la sontuosità dell’edificio. Nell’area a monte del teatro si conservano i resti del Santuario dedicato al dio Apollo, della fine del II e gli inizi del I sec. a.C., disposto su terrazze e raggiungibile dalla summa cavea. Altre importanti testimonianze archeologiche sono visibili presso il Loggione (attuale sede del Museo Archeologico di Teanum Sidicinum) con i resti di una ricca domus patrizia di età augustea, poi trasformata in età imperiale. Altro monumento di grande interesse è il Duomo, edificato, molto probabilmente, sui resti di tempio dedicato a Iside. Il centro storico è ancora oggi caratterizzato dalla presenza dell’antica cinta muraria dell’Arx in grandi blocchi di tufo, datata al IV secolo a.C., e di quella medievale. La città riveste un ruolo di grande importanza strategica a partire dal tardo antico e in età altomedievale, divenendo prima gastaldato nel Ducato beneventano e successivamente, nel X secolo, Contea di Landolfo dei Principi di Capua. L’importante ruolo della città in età longobarda è rimarcato anche dalla presenza massiccia dei monaci benedettini, che all’interno del centro storico fondano numerosi monasteri e, nell’883, dopo la distruzione dell’abbazia di Montecassino ad opera dei Saraceni, vi trasferiscono la Regola di S. Benedetto. Successivamente, con l’avvento dei Normanni, la cattedrale viene ricostruita e la città si espande di nuovo verso sud con un abitato tipicamente medievale, cinto da nuove mura. Un grande rinnovamento urbano e architettonico avviene nel XV secolo, durante il ducato di Marino Marzano, con la costruzione di numerosi palazzi, chiese e complessi conventuali impreziositi da elementi decorativi di tipo catalano. L’impianto urbanistico del centro storico si è sovraimposto in parte all’antico impianto urbanistico della città romana, ricalcandone talvolta le strade e l’andamento degli isolati. Da una grande arteria centrale, corrispondente all’attuale Corso Vittorio Emanuele, si aprono varie vie secondarie che conducono all’interno del borgo medievale. Abitazioni storiche, databili dal XV al XVIII secolo, testimoniano, invece, le epoche i cui Teano fu feudo di grandi famiglie, quali i Marzano, i Carafa, i Borgia e i Caetani.
Teano è il secondo comune della Provincia di Caserta per estensione territoriale e diciannovesimo per popolazione e dista dal capoluogo 32 km. Il territorio situato alle pendici meridionali del vulcano spento di Roccamonfina (Mons Mefineus), rimane compreso tra la valle del fiume Savone, quella del torrente Rio Misseri, disponendosi per una parte su un arco collinare che lo avvolge nella parte nord occidentale e per l’altra su terreni pianeggianti che lo delimitano a sud est e sud ovest. Il territorio comunale si sviluppa su di una superficie di 88.68 Kmq, con un’altitudine minima di 44 m slm e la massima di 550. Parte integrante del complesso vulcanico del Roccamonfina ne occupa precisamente il settore est/sud est. Del territorio comunale fanno parte 17 frazioni: Carbonara, Casamostra, Casale, Cappelle, Gloriani, Furnolo, S. Marco, Pugliano, Casafredda, Versano, S. Maria Versano, Casi, Fontanelle, Magnano, San Giuliano, Tranzi e Turo. Il comune conta 12.454 abitanti, con una densità di 139,26 ab/kmq. L’area rientra nella zona simica “2” e nella zona climatica D. L’aspetto geolitologico e strutturale del territorio comunale di Teano è legato essenzialmente all’intensa attività vulcanica del Roccamonfina che ha modellato il paesaggio in seguito alle sue fasi eruttive. Pertanto, il contesto geologico è caratterizzato dalla presenza di detriti piroclastici: trachiti, trachifonoliti, fonoliti, tefriti, leucotefriti, leucititi, latiti, basaniti, trachibasalti e basalti. Il territorio, in particolare, è caratterizzato dall’abbondanza di acque sia sotterrane che superficiali. I due corsi d ́acqua più importanti dell’ambito intercomunale del Roccamonfina, dopo il Fiume Garigliano, sono il Fiume Savone ed il Fiume Peccia. Particolarmente bello è il contesto ambientale, paesaggistico e quello storico ricco di aree archeologiche e abitati antichi, tra i quali il centro storico di Teano, con emergenze monumentali di grande interesse architettonico e culturale. Il paesaggio muta rapidamente tra pianura, aree collinari e la macchia mediterranea dei primi contrafforti montuosi cede il posto ai boschi che caratterizzano il territorio vulcanico. La flora include varie specie arboree con il castagno, la quercia, l’olivo, i funghi porcini, la rovella, il leccio e un sottobosco che diviene durante il periodo primaverile una esplosione di colori. Tra la fauna i mammiferi più diffusi sono: la volpe, il cinghiale, il tasso, la faina, la lepre, l’istrice, la poiana, il gheppio, l’upupa, il picchio verde e l’averla piccola. Parte del territorio è incluso nel Parco regionale del Roccamonfina ed è dotato di un notevole di un sistema di sentieri che l’attraversano e che permettono la fruizione del Parco; tra questi quelli relativi al territorio comunale di Teano sono i sentieri denominati rispettivamente: Furnolo / monte Atano e Torano/Garofali _ sentiero degli antichi mulini. Una piccola parte del Comune di Teano rientra come area SIC del Vulcano di Roccamonfina.
Fonte PERIMETRAZIONE CENTRI STORICI, AREE URBANIZZATE E TERRITORIO AGRICOLO Programma di Fabbricazione approvato con D.P.G.R.C. n. 678 del 1979 NOTA: rif. Tavola ‘zonizzazione dell’agro comunale’ e tavola ‘stralcio programma di fabbricazione piano di recupero del centro storico’. Fonte CONFINI COMUNALI E ANALISI DEL TERRITORIO PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO - PROVINCIA DI CASERTA Adottato ai sensi del comma 7 art.20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°15 del 27/02/2012 e n.45 del 20/04/2012. Approvato ai sensi del comma 7art. 20 L.R. 16/04 con deliberazione di Giunta Provinciale n°26 del 26/04/2012. Integrato e modificato a seguito delle osservazioni accolte e dei pareri degli Enti sovraordinati. Fonte CONFINI AREE ARCHEOLOGICHE D.M. 20/04/1964; D.M. 7/11/1981; D.M. 19/04/1982; D.M. 10/06/1982; D.M. 5/3/1983; D.M. 30/11/1983; D.M. 23/05/1984; D.M. 12/10/1988; D.M. 20/12/1989; D.M. 29/10/1992; D.M. 16/12/1992; D.M. 25/02/1993; D.M. 17/09/2003 n. 213; D.M. 2/09/2004 n. 4; D.M. 27/10/2004 n. 15; D.M. 31/08/2005 n. 151; D.M. 15/11/2006 n. 185; D.M. 25/06/2007 n. 126; D.M. 4/07/2007 n. 133; D.M. 12/11/2007 n. 178; D.M. 6/02/2008 n. 214; D.M. 13/05/2008 n. 304
Vai alla mappa